di minima&moralia pubblicato giovedì, 21 Luglio 2022 · Aggiungi un commento
Pubblichiamo, ringraziando editore e autore, un estratto dal libro di Christopher Moore Razzmatazz, uscito per Elliot con la traduzione di Marco Piva.
«Quanto mi fai perdere, stasera?». Mi misi una mano in tasca per pagare l’ingresso, che cambia di serata in serata a seconda dell’ora e di quanto pieno sia il locale.
Butch fece un cenno con la testa, e un ciuffo ben oliato di capelli le finì sulla fronte. «Ma per piacere, deficiente».
Mi toccai il cappello mentre entravo. «Sei un vero gentiluomo, Butch». Queste parole la fecero ridere fino a grugnire.
Una volta, la sala principale del Jimmy’s Joynt era un magazzino che era poi stato dipinto di nero per nascondere i ganci e i paranchi fra i travetti del soffitto. Uno spettro di fumo di sigaretta aleggiava nell’aria, sopra a una quarantina di tavoli dove sedevano, a coppie, donne e solo donne, alcune in tailleur e altre vestite con abiti maschili. Avevano tutte un’aria di tristezza e di urgenza mentre, sul palco, una tizia magra con un frac bianco e un paio di baffi dipinti in volto cantava una canzone lenta che parlava di amori perduti, in un alto sensuale. Pareva che una qualche dea saffica avesse cosparso una miniera di carbone abbandonata di lesbiche malinconiche e poi se ne fosse andata in uno sbuffo di fumo. Sulla pista da ballo, tre coppie ancheggiavano ritmicamente al suono di un contrabbasso che era posizionato in un angolo buio, nel quale una bionda alta in abito da sera lo accarezzava in maniera esperta per il loro piacere. Erano le tre del mattino e, se c’era stato da divertirsi, ci si era già divertiti. Tutte quelle che avevano qualche posto dove andare ci erano andate, e ora le donne rimaste stavano semplicemente aspettando la chiusura per andare in posti dove non volevano andare, o a casa da qualcuno che non volevano vedere.
Alcune si girarono a guardarmi mentre entravo. Le loro espressioni mi fecero sentire accolto come un lebbroso con una puzzola morta al posto della cravatta. Non me la presi: moltissime tra quelle donne hanno motivo per guardare male qualunque essere umano di genere maschile, una categoria della quale non comprendono l’utilità.
Era proprio come aveva detto Butch: Stilton, un gran pezzo di bionda, decisamente formosa, nei confronti della quale provo più di un certo interesse, era appollaiata su uno sgabello alto vicino al bancone, solare come una giornata estiva nel suo abito bianco con i grossi pois rossi (anche se era novembre, e fuori era buio come le mutande sporche di Dracula) e scarpe, ugualmente rosse, modello Mary Janes, con i tacchi alti incastrati nella ringhiera del bancone. Il Formaggio, come io e i miei amici chiamiamo Stilton in sua assenza, era circondata da un numero enorme di femmine di varie stazze e forme, tutte vestite in abiti maschili, che fumavano, ridevano e pendevano dalle labbra del Formaggio come se fosse la Beata Vergine Maria che dava consigli sui cavalli su cui puntare all’ippodromo di Bay Meadows.
Prima di riuscire ad attirare l’attenzione della mia adorata, sentii: «Cosa c’è, Sam?». Era la voce di Jimmy Vasco, che era al fianco di Stilton tutta impegnata a fumare una sigaretta sottile con un lungo bocchino nero che stringeva tra i denti, così da farlo vibrare mentre parlava. Jimmy aveva i capelli impomatati ed era elegantissima, con uno smoking di raso nero fatto apposta per appiattire le sue forme. Sarà stata alta uno e cinquantacinque e pesava sicuro meno di cinquanta chili ma, come dice il Bardo, sebbene sia piccina, è tutta pepe. Ed è una brava donna: a volte, mi presta la sua auto e una bella pistola crucca, piccola. Jimmy Vasco è la proprietaria del locale.
Per darmi il benvenuto, Jimmy mi appioppò un discreto pugno alla spalla.
«Questa sfigata ti sta dando fastidio, Bambolo?» chiese il Formaggio. In quel caso, Jimmy era la sfigata e io, be’…
Una delle donne all’altro fianco del Formaggio mi fece una smorfia, una vera smorfia. Probabilmente si era resa conto che tra me e Stilton c’era abbastanza chimica da mandare sul lastrico la Union Carbide e la Dow Chemical, le due industrie chimiche più grosse negli Stati Uniti.
«Ehi, Sammy» cinguettò Myrtle, una rossa alta con il fisico di Olivia Oyl, l’eterna fidanzata di Braccio di Ferro, che lavora come cameriera al five-and-dime insieme al Formaggio e che da sei mesi esce con Jimmy Vasco.
«Ciao, Myrtle» risposi facendo l’occhiolino. «Che bella che sei, stasera! Proprio tanto, sai?».
«Oh, suvvia» disse Myrtle, nascondendo un sorriso come se la cosa la imbarazzasse invece di farle piacere. E in effetti era bella. Jimmy l’aveva avvolta in vari strati di raso e di lustrini da quando avevano cominciato a uscire, almeno quando andavano insieme nel locale. Invece di avere l’aspetto sgraziato che aveva quando l’ho incontrata per la prima volta, era terribilmente elegante. Anzi, quel bel vestito verde che indossava la contrabbassista nell’angolo era stato varato da Myrtle un mesetto prima (Jimmy Vasco era una persona decisamente efficiente). Myrtle mi piaceva: era una buona amica del Formaggio e diceva cose tipo «Suvvia».
«Non sei male nemmeno tu» disse Myrtle facendo gli occhi dolci, fingendo di provarci con me per far finta di voler ingelosire Jimmy.
«Io? In confronto a te sono un sacchetto pieno di vecchi calzini sudati, bella gnocca». Più o meno lo ero davvero: indossavo ancora la mia tenuta da barista, avevo un odore stantio di liquore e sigarette, la cravatta infilata tra i bottoni della camicia, la giacca di tweed sopra a tutto quanto.
«Il mio sacchetto pieno di calzini» disse Stilton, tirandomi a sé e mordicchiandomi un orecchio più forte di quanto non fosse strettamente necessario. In quella, tutte le donne che stavano cercando di avvicinarsi al Formaggio si allontanarono, disperdendosi nella sala come zanzare che avevano appena cercato di pungere l’Uomo di latta nel Mago di Oz. Quella che prima mi aveva dedicato una smorfia sbuffò mentre se ne andava.
«Ehi, sto cercando di fare affari qui» disse Jimmy. «Di questi tempi è difficile, e questo prima che tu entri a distruggere i sogni e le speranze di tutte».
«È su questo che fai affari, Jimmy? Sogni e speranze?».
Jimmy mi si avvicinò, sbuffando un po’ di fumo dal naso nella speranza di assumere un’aria sinistra. «Sogni molto oscuri e molto bagnati, Sammy». Poi sorrise senza togliersi il bocchino dalle labbra. «Oltre a balli e a liquori a prezzi accettabili. Cosa bevi?».
«Un gimlet con la vodka» risposi. Jimmy fece un cenno a Mel, la barista, una donna magra e androgina vestita esattamente come me a parte il soprabito e il cappello e un cammeo, che portava fissato a una striscia di velluto legata alla gola. Mel cominciò a prepararmi la bevanda, senza dire una parola.
© 2022 by Christopher Moore This edition published by arrangement with DeFiore and Company Literary Management, Inc Per gentile concessione di Elliot Edizioni ©Lit Edizioni S.a.s.
Categorie: estratti, libri · Tag:
E-mail (non verrà pubblicata) (richiesto)
Avvisami via e-mail della presenza di nuovi commenti.
Copyright 2022 minima&moralia · RSS Feed